Bettazzi, il vescovo della gente

bettazzi1C’è un’aria frizzante a Romena. C’è Bettazzi. Sì, proprio lui, il vescovo di Ivrea, quello che negli anni Sessanta marciò con gli operai dell’Olivetti licenziati,  quello che si candidò a sostituire Aldo Moro nella prigionia delle Br, quello che andò a Sarajevo sotto le bombe insieme a Tonino Bello per dire l’ennesimo no alla guerra.
Sì Luigi Bettazzi, proprio lui, quello popolare perché è sempre stato in mezzo alla gente, per ascoltarla, e agli ultimi, per accompagnarli.
Se non lo avete ancora conosciuto, non perdete l’occasione.
il vescovo Bettazzi è a Romena per tutto il fine settimana per animare il corso “Domande su Dio e sull’uomo” insieme a Gianni Novello. E domenica pomeriggio sarà in pieve per un incontro pubblico dedicato al suo grande amico Tonino Bello.
Bettazzi. Ve lo consiglio proprio. Per ascoltarlo. Per stringergli la mano. Perché se oggi ci apre il cuore la chiesa di papa Francesco, quella chiesa, lui la rappresenta da sempre…

“Fate i conti – ci disse una volta con il suo caldo, inimitabile slang – io ho già vissuto più da vescovo che da uomo”.
I conti sono questi. Tra poco Monsignor Bettazzi avrà novant’anni, domenica scorsa è stato festeggiato perché ricorrevano esattamente cinquant’anni dalla sua ordinazione a Vescovo.
Cifre tonde, piene come la sua vita. Una vita vissuta tanto da vescovo, ma poco nel palazzo. Perché padre Luigi ha abitato molto di più la strada.
Ha marciato con i poveri e per i poveri, ha testimoniato la pace nelle zone di guerra. Ha tenuto posizioni, scomode, indigeste a tanta parte delle gerarchie ecclesiastiche, sul terreno dei diritti e della libertà.
Ha sognato per tutta la vita l’avverarsi della chiesa del Concilio ecumenico vaticano II, lui, uno dei pochissimi che può ancora raccontarlo per avervi partecipato. Una chiesa aperta, vicina alla gente, una chiesa al servizio: “la chiesa del grembiule”, come l’avrebbe definita il suo amico Tonino Bello.

Infine, come oggi più volte ci sollecita Papa Francesco, Bettazzi ha testimoniato un cristianesimo della gioia, un cristianesimo colorato e festoso. Chi lo ha ascoltato sa che in ogni incontro, irresistibilmente, deve spezzare il filo raccontando qualche barzelletta. “E’ per questa mia debolezza – ironizza – che non ho fatto carriera”.

Monsignor Bettazzi è stato a Romena tante volte, a partire dal 2001 quando ci conobbe in occasione delle iniziative per il decennale. In occasione di uno degli ultimi incontri, ho appuntato alcune sue affermazioni. Un antipasto, per chi verrà domenica a Romena. Un modo per incontrarlo a distanza, per chi non ci potrà essere.

mons._luigi_bettazziRomena
Torno sempre volentieri a Romena. Un luogo bello non sono per la natura ma per l’umanità.
Qui, si capisce bene che non è l’umanità fatta per la chiesa ma che la chiesa è fatta per l’umanità. La chiesa deve aiutare l’umanità a riconoscere il Signore e gli uomini ad amarsi tra di loro.

Il senso della vita
“Quando Dio ha creato il mondo ha detto: “Guarda, mi piace un mondo in cui ci sia anche Luigi Bettazzi… È un tipaccio, ma mi va anche bene così. E questa cosa l’ha pensata per ciascuno di noi”.
Questa è la grande luce in cui siamo, anche in mezzo a tante difficoltà.

Il vescovo e i suoi preti
Non sono mai stato capace di comandare, neanche ai miei preti. È inutile che dica ad uno: “Devi andare là”…se lui non ne ha voglia. Ne parliamo insieme, ci persuadiamo… In 32 anni ho dato solo
una volta un’obbedienza a un prete. Lui mi disse “Ci vado volentieri, ma dammi l’obbedienza, così se mi viene un momento di crisi dico “L’ho fatto
per obbedienza”.

La missione cristiana
Una volta, finita la Messa, si diceva: “Ite, Missa est” e noi l’abbiamo tradotto: “La Messa è finita, andate in pace”; come dire: “C’è stato un po’ di scompiglio, ma poi alla fine…andate in pace”. E invece io credo che Missa est voglia dire: “È la missione”, sei venuto qui in chiesa a pregare per caricarti di energia, per vivere la tua vita nell’amore al Padre e nella dedizione agli altri. Ora va a portare questa carica nel mondo.

Il Dio di tutti
C’è nel Vangelo una frase di San Giovanni che dice “Se uno crede in Gesù Cristo sarà salvo, se non crede sarà condannato…” Ma a leggere bene nell’originale, che è in greco, si capisce che non è “credere in Gesù Cristo” perché, dicono gli esperti che non c’è mai il verbo credere seguito da uno stato in luogo.
Allora bisogna avanzare la virgola: “chi crede, in Cristo sarà salvo”, cioè chi si apre a Dio come l’ha conosciuto, chi si apre agli altri è salvo per Gesù Cristo, anche se lui non lo sa.

L’amore per il prossimo
San Giovanni dice che se uno ama Dio e non ama suo fratello, è un bugiardo; perché non si può dire di amare Dio che non si vede se intanto non si ama il prossimo che si vede. Perché l’amore è apertura: se tu sei chiuso all’altro vuol dire che sei chiuso anche a Dio, anche se ci metti l’etichetta. Se sei aperto all’altro, allora vuol dire che tu sei aperto anche a Dio.

La solidarietà verso chi è indifeso
La caratteristica del cristiano dovrebbe essere la solidarietà, la difesa di chi è più in difficoltà. Una volta mi telefonarono dicendomi che in Valle Susa c’era una ditta di manifatture che era in crisi e volevano andare ad occupare l’autostrada. “Qui – mi dissero – sono quasi tutte donne, hanno paura…se ci fosse il Vescovo..” Telefonai al parroco: “Cosa ne dice, arciprete?” “No, non stia a venire”. Io invece ci andai e partecipai alla marcia. Dopo mi hanno denunciato per occupazione dell’autostrada, ma mi hanno anche assolto in istruttoria perché era un’occupazione
simbolica. Capitò altre volte. Noi avevamo una grossa ditta a Ivrea che faceva macchine da scrivere.
Licenziarono in una volta sola 4500 lavoratori; allora ci sollevammo tutti ed io scrissi anche una lettera aperta, e il padrone mi rispose, a sua volta, con una lettera aperta. Ritirò tutti i licenziamenti. Dopo un anno erano tutti fuori lo stesso, ma intanto avevano avuto la cassa integrazione, c’erano stati i pre-pensionamenti ecc. Una cosa da uomini.

La preghiera
Ogni tanto mi prendo qualche giorno per pregare, per pensare nei posti più strani. Una volta sono addirittura andato in Burundi, perché là c’è una missione, un’altra volta, d’inverno, alle Isole Tremiti, in una trappa. Uno si mette davanti al Signore, prende la sua Parola, la legge, pensa a quello che il Signore gli ha voluto dire; si mette lì e anche se non sa dire
tante cose…
A volte faccio come quel contadino del curato d’Ars. Quel contadino andava in chiesa e stava lì…ed allora il curato una volta gli disse “Senti, ma tu cosa fai quando vai in chiesa e stai lì davanti all’altare ?” “Io lo guardo e Lui mi guarda”.

4 pensieri su “Bettazzi, il vescovo della gente

  1. Bellissima carrellata Massimo, un antipasto che rende irresistibile la voglia di venire domenica, anche se non so se c’è la faccio. Grazie ancora e un abbraccio

  2. Un incontro davvero speciale quello di ieri con Mons Bettazzi e don Gianni Novello!
    E’ stato molto emozionante ascoltare episodi di vita condivisi con Don Tonino Bello.
    Il film documentario ispirato a Don Tonino è molto bello: tutti i personaggi rivelano qualcosa del “maestro della cura e dell’ascolto” e il cui ricordo è vivo e fecondo tra la gente che il protagonista incontra. Stupendi anche i fotogrammi finali a conclusione del film in cui Don Tonino invita a dare seguito alle “utopie del Vangelo”.
    Grazie di cuore per questo vivificante incontro!

    • E’ stato bellissimo sentir parlare di don Tonino Bello da chi lo ha conosciuto, condividendo e abbracciando il suo stesso carisma.
      Grazie mons. Bettazzi, grazie don Gianni per i vostri racconti davvero emozionanti!

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