Ritornare alle radici del messaggio cristiano

Nei giorni scorsi il settimanale della nostra Diocesi “La Parola di Fiesole”, mi ha intervistato sul cammino sinodale in corso.
Io non mi sono mai sentito ‘interno’ alla Chiesa e alle sue dinamiche, il mio percorso di vita è legato essenzialmente all’esperienza di Romena, che mi ha dato la possibilità di vivere un cammino di ricerca aperto e di incontrare da vicino tante testimonianze di vita e anche di fede.
Ho provato perciò a esprimere semplicemente ciò che sento e ciò che mi hanno trasmesso i tanti viandanti che vengono qui. Il senso è questo: secondo me la Chiesa dovrebbe semplicemente riscoprire la rivoluzione d’amore proposta da Gesù. E quindi riproporre querl messaggio alle sue radici, liberandolo da quel bagaglio di precetti e di moralismi che sono emersi nella tradizione e nella storia, ma che quel messaggio non contiene.
Qui di seguito potete scaricare e leggere l’intervista…

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“Ne vale sempre la pena”

Gli ultimi tre giorni sono stati scanditi da altrettate scomparse improvvise che ci hanno toccato il cuore.
Prima se ne è andato Michele Ammendola, il ristoratore di origine napoletana che a Bologna animava una pizzeria-etica, il “Porta pazienza”: vi lavoravano persone con fragilità, vi si realizzavano progetti di sostegno alle attività antimafia, vi si poteva offrire una pizza ‘sospesa’ agli indigenti.

Poi è arrivata la notizia di Silvia Tortora, una bravissima giornalista, popolare anche a seguito di tutte le battaglie affrontate per riabilitare il padre Enzo dal triste errore giudiziario di cui era stato vittima (il popolare conduttore era stato accusato di associazione camorristica e poi assolto).

E oggi David Sassoli, un politico gentile, che da giornalista competente e appassionato aveva saputo diventare un uomo delle isitituzioni mantenendo gli stessi tratti di sensibilità umana, di coinvolgimento sincero, di passione trasparente.

Tre persone, tre storie, tre perdite enormi. Nessun tratto apparente in comune. Eppure è come se questi dolori, per la loro contemporaneità, volessero parlarci, insieme.
Perchè queste tre vite finite tutte prematuramente, sono vite che avevano ben chiara la loro direzione: tutte e tre puntavano dritte verso un orizzonte di verità, di giustizia, di solidarietà umana.
Ciascuno di loro aveva, a suo modo, nella mente e nel cuore, l’idea che si potesse fare qualcosa, che si dovesse fare qualcosa e che quel qualcosa non riguardasse solo il recinto delle loro esistenze.

Un grande pianista, Michel Petrucciani, che aveva saputo trasformare in arte i limiti del suo corpo minuto, usava una frase come slogan di vita: “Ne vale sempre la pena”.

Per Michele, Silvia, David, non era inutile gettarsi nella mischia, non era inutile rincorrere un ideale, non era inutile sognare e magari provare a realizzare concretamente, anche se solo a minuscoli pezzi, una società più aperta, più accogliente, più equa.

Viviamo una fase del vivere sociale lacerata e confusa, sembra che il meglio invece che attenderci ci preceda sempre, abbiamo perso di vista non solo l’orizzonte, ma anche la voglia di cercarlo.
E forse questo è proprio il messaggio che ci arriva, intriso di dolore e di sgomento, da queste tre scomparse: basta autocommiserarci e rimproverare le circostanze avverse o i tempi sbagliati, basta chiuderci nei nostri individualismi, basta pensare che nulla serva, che ogni sforzo sia vano.

La vita si compie non nella sua durata, ma nel suo senso.
“Ne vale sempre la pena”: Michele, Silvia e David ci salutano, insieme, sulla scia meravigliosa di questo messaggio.