“Naturalmente pianoforte”: la bellezza dell’arte e lo spirito di una comunità

Domenica prossima, 24 luglio, Romena sarà attraversata da una corrente buona, festosa, rigenerante. Vi consiglio di approfittarne, perché non ne capitano molte di questi tempi.

La corrente salirà dal paese, da Pratovecchio. Un gruppo di amici, riuniti in una associazione, “Prato veteri”, da alcuni anni a questa parte ha pensato di lanciarsi in una straordinaria avventura creativa, senza però rinunciare alla semplicità, all’umanità, alla freschezza delle relazioni che si instaurano in una piccola comunità. E così è nato il festival “Naturalmente pianoforte”: 40 concerti in cinque giorni, da mercoledì scorso, a domenica, distribuiti in tutta la valle, quasi tutti gratuiti, alcuni dei più grandi artisti italiani e internazionali di ogni genere musicale, pianoforti che sbucano da ogni dove, e poi mostre, esibizioni, spazi di gastronomia ben curata, una esplosione creativa che tocca tutti i sensi, con un pensiero e un dono per ciascuno.

Il cantiere di questa festa copre tutti i mesi dell’anno: è il collante dei giorni feriali, è l’occasione per uscire di casa, per sognare e progettare, costruire insieme. Questo lungo percorso di creazione sfocia in una manifestazione in cui nulla è improvvisato, ma tutto è naturale, in cui non c’è l’enfasi del risultato, ma la serenità sana di chi ha dato tutto, e perciò non può che godere di quello che c’è.

Ho sempre sentito “Naturalmente pianoforte” molto vicina a Romena: e non solo per il legame di amicizia con chi la organizza ma per lo spirito che c’è dietro: uno spirito autentico, lo spirito di chi ci mette il cuore. Ma anche lo spirito di chi vuol sempre sperimentarsi e guardare oltre: la manifestazione è protesa in avanti, ha un sapore di futuro, per questo gran parte dei trecento volontari che la mandano avanti sono giovani. Di qui la freschezza.

Domenica ospiteremo uno degli eventi centrali della manifestazione: il concerto all’alba. Ci troveremo nei prati davanti alla pieve alle 5 del mattino per aspettare il sole spuntare oltre l’Appennino accompagnati dal pianista americano Adam Kromelow che richiamerà il nuovo giorno eseguendo la musica dei Genesis. Il pomeriggio alle 15, poi, uno dei grandi ospiti della manifestazione, l’attore, comico cabarettista Paolo Rossi sarà con noi nel nostro auditorium climatizzato, per parlare di sé, della sua arte e di come può contribuire alla fase che stiamo vivendo.

Se poi nel corso della giornata vorrete passare dal paese, quartier generale della manifestazione troverete concerti in ogni dove, e una creatività zampillante.

Sicuramente la musica proposta dal festival offrirà già di per sé, un contributo al vostro benessere, ma la cosa che, secondo me, colpirà di più, sarà il sapore di festa popolare che vi arriverà addosso da ogni angolo, che sentirete in ogni nota.

La bellezza dell’arte, lo spirito di una comunità. Un’alleanza speciale.
Non perdetevi questa occasione.

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Lella Costa: “Quell’emozione unica che solo il teatro può regalare”

Domenica sera, 17 luglio, Lella Costa reciterà in Casentino. Non è solo una notizia, è un evento.
Quando certi personaggi straordinari del mondo artistico transitano dalle nostre parti dovremmo sentire tutti un moto d’orgoglio, una gioia interiore,
I suoi monologhi sono una delle espressioni più coinvolgenti, più emozionanti, più appassionanti del nostro teatro. Quando si ascoltano ci si dimentica di essere pubblico e in qualche modo, misterioso, ci si sente accanto a lei, con lei. Sulla scena.
Il motivo? Gino Strada, suo grande amico, lo spiegava così: “Lella – diceva – è una donna straordinaria, molto prima che un’attrice. Anzi, il termine mi sembra fuori luogo, nel caso di Lella. Perchè Lella recita splendidamente, ma non sta recitando. La sensibilità, l’intelligenza e l’ironia appartengono a lei, non al copione”.

La prova di tutto questo arriverà domenica sera alla Fondazione Baracchi di Bibbiena. Lella metterà in scena il suo ultimo spettacolo “Se non posso ballare, non è la mia rivoluzione”, un suo originale omaggio al genio, al coraggio, alla tenacia dell’universo femminile.
La Fondazione aveva già avuto Lella come sua ospite 13 anni fa. L’occasione era un incontro del ciclo “Parole e silenzio”. Io, insieme all’amico e collega Paolo Ciampi, avevo avuto l’onore di condurre quella conversazione e di trascorrere un’intera giornata con lei.

Il filo del contatto iniziato quel giorno non si era più interrotto. E finalmente è arrivata l’occasione giusta per alimentarlo di nuovo.
Per condividere l’attesa di questo momento vi propongo un bellissimo passaggio dell’incontro del 2009, in cui Lella ci racconta quella che per lei, è l’emozione che si sprigiona nel momento in cui un suo spettacolo inizia. Un’emozione che vedremo accendersi nel suo sguardo anche domenica sera…

Mi viene in mente un’immagine di un film, “Il flauto magico” di Bergman: durante l’intervallo il bambino e il protagonista guardano chi c’è in sala. Questa è una cosa da non fare mai perché non bisognerebbe mai vedere in faccia chi hai in platea.
Ma anche se non si è ancora guardato chi è in sala, per me quel momento, prima che tutto succeda, è gioia pura, è teatro vero.

Questa sensazione c’è soprattutto ai debutti, o in luoghi o città in cui non sei mai stato, e si fa annunciare con un brivido – “Come mi accoglieranno?” – che diventa anche un fremito di entusiasmo: “Che bello, si comincia!”. La verità è che per me il palcoscenico è proprio una casa, e come una casa mi dà una sensazione di agio totale.

Mi sento fortunata per questo. So invece che ci sono molti miei colleghi anche molto bravi che quel momento lì lo soffrono. Hanno una sorta di rapporto un po’ conflittuale con il pubblico. Il pubblico è comunque da conquistare, ma c’è chi lo vive come una sorta di nemico da espugnare. Per me si tratta invece della seduzione più dolce.

Poi io sono da sola in scena: grande narcisismo, sicuramente, ma anche grande fragilità. Sei sola e qualunque cosa ti può ferire.
Quando il pubblico ancora non sa cosa sta per succedere tu lo sai ma non sai come da loro verrà accolto. E questo è il momento in cui percepisco il motivo per cui questo mestiere continua ad esistere in un’epoca in cui apparentemente tutto, secondo quanto ci raccontano, è riproducibile. Il teatro no.

Quello che succede ogni sera tra gli attori e il pubblico è un unicum che non si ripeterà più.