I 25 anni di Romena (9) / La scelta di Giovanni

Giovanni Abignente e l'Abbè Pierre Giovanni Abignente aveva uno sguardo largo e occhi azzurri che portavano lontano. Veniva spontaneo chiamarlo per sciogliere i nodi di un problema personale, non soltanto perché era psicologo, ma perché non inchiodava mai nessuno nei terreni stretti di una soluzione: lui semplicemente apriva domande.
E’ curioso come si incrocino le storie: la sua, quasi per un meccanismo di casualità, da Napoli lo aveva portato in Casentino insieme alla sua famiglia più o meno negli anni in cui nasceva la Fraternità.

Giovanni si era offerto con garbo ma anche con determinazione: conduceva diverse attività durante i corsi e aveva offerto la sua opera di psicologo, a titolo gratuito, per aiutare amici della Fraternità che lo richiedevano. In pochi anni era così diventato una delle figure di riferimento di Romena.
Aveva scritto un libro, un trattato  sulla famiglia alla portata di tutti, “Le radici e le ali”: erano le parole che contavano di più per lui. Le radici, perché era sempre fondamentale conoscerle e abbracciarle, le ali, perché bisognava sempre mettere le persone in condizioni di aprirle…


Abbe Pierre- AbignenteRicordo il bellissimo viaggio con lui a Parigi per intervistare l’Abbè Pierre; in quei giorni in lui si congiungevano due mondi che avevano alimentato la sua esistenza: il cammino di Emmaus e quello  di Romena. Quel viaggio anticipò la fase dolorosa della sua malattia. Una malattia nella quale in ogni momento lo distraeva e lo sollevava il pensiero di quello che stavamo costruendo. La scelta di Romena, per lui, era chiarissima.

Se dovessi provare a dirlo con una terminologia legata alla famiglia, direi che Giovanni era il nostro fratello maggiore. Quando è salito verso il Cielo, nel 2003, ci siamo sentiti, non poco, smarriti. Per fortuna Giovanni ci ha lasciato un’eredità di stile, di saggezza e una spinta al volo che non possiamo dimenticare. Per fortuna c’è Maria Teresa, sua moglie. Che già collaborava con noi ma che, dopo la morte di Giovanni si è innestata nella pianta di Romena, divenendone un ramo fondamentale.

2Per farvi incontrare più direttamente Giovanni ho messo da parte un articolo, scritto da lui una ventina d’anni fa, per descrivere la fraternità. E’ un articolo che non  va letto guardandosi indietro ma avanti, perché apre spazi, disegna prospettive più che mai attuali. Inoltre rappresenta Romena usando immagini che poi noi abbiamo riutilizzato di continuo, sapendo nel cuore che erano sue…

 

Romena, una “sosta ” per il cammino della vita

Romena’ non è una soluzione ai piccoli o grandi problemi dell’esistenza. Romena è una proposta per quanti sono, serenamente o disperatamente, alla ricerca di una via di uscita dalla banalità e dal non senso. La proposta di un’ alternativa alla tentazione di fuggire dall’esistenza o di trovare un senso in direzioni che non hanno sbocchi. Con semplicità, evitando la retorica altisonante, senza nessuna voglia di proselitismo, senza dare facili ricette, Romena cerca di dire a coloro che vi arrivano: “Andate alla ricerca di qualcosa per cui valga la pena vivere”.
Di fronte alla carenza di relazioni interpersonali significative, all’incapacità di contatto con se stessi, al rifiuto di scelte di impegno personale e collettivo a favore dell’uomo, che troppo spesso caratterizzano la vita nel nostro tempo, viene lanciata una sfida. Una sfida a ritrovare, imparando a viverli concretamente durante i corsi, nei momenti di incontro, nella partecipazione alla messa, nella riflessione personale, nelle occasioni di festa, delle capacità e dei desideri, nascosti, ignorati, soffocati.
La capacità e il desiderio di conoscersi onestamente, scoprendo ed accettando i propri sentimenti e le proprie emozioni, le proprie ricchezze e i propri limiti. La capacità e il desiderio di conoscere l’altro, ascoltandolo e accogliendolo senza pregiudizi, imparando a comunicare al di là delle difese che nascono dalla paura. La capacità e il desiderio di ritrovare il gusto e il valore della responsabilità verso se stessi e verso gli altri, che si traducono in impegno, in progetto, in apertura del proprio limitato orizzonte. La capacità e il desiderio di trovare o ritrovare un contatto personale con Dio, nel silenzio, nell’ascolto e nella preghiera comune: perché la conoscenza di Dio ed il rapporto con Lui passano anche attraverso il ritorno in se stessi, l’attenzione all’altro, la condivisione.
E’ nel riuscire a proporre questa sfida, e nel permettere di cominciare a viverla insieme, che si trova il segreto di Romena.

Romena è dunque una proposta, una sfida, un’ esperienza, un riferimento, una rete di conoscenze e relazioni personali. Romena è anche un luogo geografico ben preciso, in un angolo remoto del Casentino. Romena è anche una splendida costruzione, fatta di pietre e di storia. E non è certo un caso che diverse dimensioni, strettamente legate fin dalla sua nascita a questa pieve che tanto amiamo, si ritrovino così profondamente presenti nelle esperienze che oggi vi si vivono.
Penso alla bellezza, alla ricerca dell’essenziale, all’ accoglienza, al cammino.
La bellezza quasi commovente del luogo – con la dolcezza del suo paesaggio sconfinato, la luminosità dei suoi orizzonti, l’intensità spettacolare e la delicatezza sognante dei colori che segnano e accompagnano il volgere delle ore del giorno e delle stagioni dell’anno – accoglie, racchiude ed esalta la bellezza di un gioiello architettonico. Ma è un gioiello particolare, un gioiello dell’ arte romanica: un’ arte che ha saputo, in modo straordinario, tradurre in linee essenziali e prive di orpelli la tensione dell’uomo verso Dio. Nell’architettura romanica, la nudità della pietra, l’estrema sobrietà delle forme, l’assenza quasi totale di elementi decorativi vogliono significare all’uomo la necessità di distaccarsi da ogni tipo di ricchezza materiale, seducente quanto inutile ed ingombrante, per andare oltre, alla ricerca dell’ essenziale, del Dio invisibile ma presente nella semplicità e nel silenzio.
Andare oltre doveva essere anche la spinta per ogni pellegrino che, in viaggio verso la sua meta, trovava a Romena – situata su quella che in passato era una delle principali vie che dal Nord conducevano a Roma -una possibilità di ricovero e di sosta.

Un luogo di accoglienza, dunque, per poter riposare e riprendere energie, fisiche e spirituali. Ma anche un luogo di passaggio. Guai se il pellegrino, scoraggiato dalla fatica del viaggio o sedotto dalla bellezza del posto, avesse ceduto alla tentazione di fermarvisi! Per lui, Romena avrebbe avuto il sapore amaro del fallimento del suo progetto. Oggi a Romena la bellezza trionfante e delicata della natura rimane pressochè intatta, non corrosa dall’intervento dissennato dell’uomo, e la bellezza austera ed essenziale della pieve ha resistito alla sfida del tempo. Tutti quelli che vi passano, abitualmente o occasionalmente, sanno bene quanta attenzione sia riservata al ‘bello’, scoperto nelle sue innumerevoli forme: nel tenero dettaglio di un fiore che sta per sbocciare, nella luce di un tramonto o nel buio di un cielo stellato nello sguardo di un essere umano, nella grazia di un oggetto prodotto da una mano creativa, nella calma compostezza di un’immagine fotografica colta da un occhio attento e da un cuore sensibile, nell’armonia di una musica che ti riempie di emozione, nella profondità toccante di una poesia o di una preghiera…
Ma questo amore delicato per la bellezza non ha nulla a che vedere con una ricerca estetica fine a se stessa: è semplicemente uno degli strumenti utili per un’ altra ricerca, quella dell’essenziale e dell’autentico, che è il vero senso dell’invito di Romena. L’essenziale e l’autentico a cui ci si può avvicinare liberandosi dai pesi del proprio egoismo, delle meschine rivendicazioni, del passato, dei pregiudizi, del possesso o del rifiuto dell’altro, della pretesa di mettere Dio al nostro servizio o di valutare la sua azione con il nostro metro di giudizio. L’essenziale e l’autentico che si trovano in quell’armonia di forma, mente e anima, che ritorna cos“ spesso nella nostra preghiera.

L’accoglienza che gli antichi pellegrini sulla via di Roma dovevano trovarvi evoca facilmente l’accoglienza che oggi a Romena ci si sforza di riservare, pur con gli inevitabili limiti e di possibili errori, ai moderni pellegrini che vi giungono, per scelta o per caso. Un’accoglienza che non pone troppe condizioni a chi arriva, che non esige da lui requisiti o qualità particolari, che non è subordinata al superamento di un esame selettivo. Un’accoglienza discreta e rispettosa che lascia liberi, perché a chi arriva chiede solo di essere egualmente discreto e rispettoso nei confronti degli altri.
Un’ accoglienza non formale. Un accogliere che si traduce simbolicamente nel familiare abbraccio, sentito da molti come il gesto fondante di Romena. Ed ognuno dovrebbe riuscire a vedere nel desiderio e nella possibilità di abbracciare l’altro anche la disponibilità ad abbracciare se stesso ed a lasciarsi abbracciare dal Padre.

La tentazione di vedere Romena come un porto di arrivo piuttosto che come un attracco temporaneo per rinnovare le proprie energie prima di riprendere il viaggio può presentarsi anche ai nostri tempi. E’ il rischio che si corre quando si assolutizza Romena e tutto quel che vi gira intorno, o quando si rinuncia a continuare con creatività e coraggio la propria ricerca anche nelle faticose o deludenti condizioni di esistenza quotidiana in cui ci si trova a vivere. Per rimanere a ‘Romena’, bisogna essere sempre in cammino.

                                                                      Giovanni Abignente

5 pensieri su “I 25 anni di Romena (9) / La scelta di Giovanni

  1. un riassunto ispirato e fantastico! due parole mi porto dietro: capacità e desiderio…che si cerca di ritrovare a Romena dopo che si sono smarriti. E’ buffo ci vogliono anni per capire quello che si cercava e che si è ritrovato . grazie per questo gioiello Massimo!

  2. Grazie per questa pagina di e su Giovanni, che è ancora un albero alto e forte nel bosco vivo di Romena. Scrivo queste parole il sabato santo, nel giorno che nel circolo dell’anno sembra tacere, un giorno muto dopo il grido del venerdì e prima della luce del giardino di Pasqua. E’ un gpo’ così per il pensiero di Giovanni. Che rivedremo poi, guariti tutti, al riparo del sorriso di Dio.
    Il sabato santo somiglia a quei giorni in cui una donna incinta si assopisce lenta, con un bambino che dorme e tace in grembo; quei giorni d’inverno in cui la terra silenziosa aspetta, mentre semi invisibili allargano radici sottili per tenersi saldi e alzarsi poi in un piccolo stelo, una foglia, un fiore. Sia per Romena, oggi, una spinta di lievito, un sorso di linfa quel sorriso di Giovanni, le sue parole e il suo esempio, il delicato restare di Maria Teresa, nella stessa zolla. Perché il bene resta, fiorisce sempre. E poi ritorna leggero, nella luce che sempre si apre a Pasqua.

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